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TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K. - Agota Kristof

Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.
[A. Kristof, TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K., p. 27]


VALUTAZIONE DEL GRUPPO [da 0 a 10]
- FORMA: 9
- CONTENUTO: 7
- NEL COMPLESSO: 7,5          

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Appena iniziai a leggere il libro, dopo poche pagine, disgustata e nauseata dalla insistente crudezza degli avvenimenti descritti, mi venne la tentazione di troncare la lettura. Poi la curiosità, la scorrevolezza e la brevità dei capitoli mi fecero continuare in modo spedito.
Più procedevo e più mi accorgevo che il racconto così duro e truce diventava sempre più surreale, grottesco e onirico. Ciò mi diede nuove aspettative, cominciavo infatti ad intravedere fra le righe un significato nascosto, un racconto dai sinistri e misteriosi risvolti.
Tutto infatti viene svelato nell’ultimo capitolo e devo dire che per me è stato alquanto deludente, mi aspettavo qualcosa di più intrigante.
Quello che viene presentato è uno squarcio di umanità in una realtà permeata di cinismo e crudeltà dove la vita sembra priva di significato, schiacciata dall’inevitabilità degli eventi. I vari personaggi a stento si arrancano per trovare un’esistenza dignitosa ma alla fine non resta nient’altro che solitudine e morte.
Da un punto di vista stilistico il romanzo è impeccabile: l’autrice è riuscita perfettamente a trasmettere queste sensazioni di malessere e orrore, attraverso una scrittura secca ed essenziale all’inizio, più discorsiva ma vorticosa e spezzata da continui flashback negli ultimi capitoli dove immaginazione e realtà si fondono.
Questo libro mi ha lasciato tanta amarezza e anche un po’ di dispiacere, non condivido il pensiero e l’intento comunicativo dell’autrice: forse sono stata fortunata ma io non riesco a concepire la vita in modo così negativo e inutile.
[Linda Rinaldi]

Il testo è molto bello, pur se molto crudo e schietto in più di un passaggio. La forma del libro utilizzata dall'autrice è molto interessante: nel primo "libro", usa la prima persona e non utilizza nomi propri per identificare i personaggi; nel secondo usa la terza persona, per poi ritornare alla prima nel terzo "libro". Il tema trattato è sicuramente molto complesso; i traumi della guerra oltre a quelli familiari, l'occupazione (si presume prima nazista e poi sovietica) del Paese in cui i gemelli sono nati e per finire il senso di smarrimento ma anche la capacità di sopravvivere nonstante le atrocità.
In conclusione sono stato piacevolmente sorpreso di questo libro, tenuto conto del fatto che l'autrice mi era completamente sconosciuta.
[Davide Magalini]

Questo libro è come la guerra. Semplice e feroce all'inizio, inestricabile e struggente alla fine. Vien voglia di rileggerlo per capire di più, ma si sa che sarebbe come ripartire per la guerra. E non è facile provarne il desiderio...
[Marco Gasparini]